Convegno Manager, Etica e Impresa

Giugno 17, 2015

Si è tenuto il 23 novembre 2009 il convegno organizzato da Car Server in occasione dei quindici anni dalla fondazione dell’azienda.

Convegno che vuol essere un’occasione di confronto su fondamenti etici necessari per un nuovo sviluppo.

E’ stata posta al centro di questa riflessione la necessità di una maggiore attenzione nei confronti delle persone e del rispetto della moralità.

Riportiamo di seguito l’intervento del Sig. Marco Bedogni sul tema etica e impresa:

IL VALORE DEL RISPETTO DEI PATTI

L’articolo primo della nostra Costituzione recita: “L’Italia è una Repubblica democratica fondata sul lavoro.”

Questa crisi mette di fronte l’imprenditore alla grande responsabilità di salvare l’impresa e l’occupazione come essenza della struttura sociale di un paese.

Oggi l’imperativo per le nostre aziende quindi è resistere, con tenacia e creatività, cercando di crearsi nuovi spazi nei mercati di oggi e di domani.

Nell’anno appena concluso, ai problemi strutturali del nostro sistema paese, si è sommata la congiuntura più grave dal dopoguerra che ha sostanzialmente sancito il crollo di un sistema dove la finanza ha preso il sopravvento sull’economia reale e ancor prima sulla politica.

Parlare di crisi ormai alle spalle, a mio avviso alimenta illusioni e se, come da più parti osservato, non si riuscirà a migliorare il sistema delle regole, ciclicamente riaffronteremo gli stessi problemi. Due anni fa, secondo un’indagine condotta su un campione rappresentativo di mille imprese manifatturiere con una media di 40 addetti, la nostra provincia si era aggiudicata il primato di città italiana con la maggior percentuale di export procapite.

Queste imprese ora hanno registrato un calo medio del fatturato intorno al 40%. Strutturalmente purtroppo non basterà una lieve inversione di tendenza del mercato domestico, per riprendere a crescere, come tutti auspicano, occorrerà invece riuscire a scalare mercati lontani e spesso difficili da penetrare per le nostre piccole e medie imprese.

Nel 2009, anche nella mia realtà aziendale che conta 40 addetti, seppur sana e referenziata e che sin dalla fondazione ha sempre onorato tutti gli impegni con Stato, dipendenti e fornitori, abbiamo dovuto far riscorso alla cassa integrazione.

Una scelta che, emotivamente, è stata molto dura da affrontare da parte della proprietà, perché per la prima volta si è avuta la misura della nostra quasi impotenza rispetto a dinamiche che ci sovrastavano.

Riflettendo su manager e responsabilità sociale dell’impresa, voglio sottolineare che nelle pmi è molto forte la presenza in prima linea degli imprenditori e proporzionalmente minore quella dei manager che, per definizione sono orientati a massimizzare il profitto nell’interesse degli azionisti.

Credo che la responsabilità sociale ed il senso etico del lavoro siano propri del dna delle pmi, e si esplicitano attraverso un clima spesso informale e aperto verso i collaboratori, rapporti non solo economici tra clienti e fornitori, un’attenzione al territorio ed all’ambiente in cui viviamo in prima persona e dove crescono i nostri figli e con un’idea di sviluppo sostenibile che non comprometta il futuro delle prossime generazioni.

Nell’ultimo decennio è stata sempre crescente l’attenzione alle risorse umane ed alla formazione come fattore strategico di sviluppo, come l’interesse per la sicurezza come valore per le persone e per tutta l’organizzazione.

Abbiamo inoltre posto la massima considerazione ai temi dell’ambiente e dell’energia intesi come risorse da salvaguardare, consapevoli di come la progressione dei consumi degli ultimi decenni stia portando il pianeta verso l’autodistruzione. Una deriva a cui nel nostro piccolo ogni giorno cerchiamo di opporre un’inversione di rotta, grazie alla nuove tecnologie messe in campo dalla green economy.

Che ruolo gioca lo Stato nella determinazione del contesto?

Tutti i riflettori sono puntati sulle imprese e sulla loro capacità di affrontare in modo etico e socialmente responsabile la crisi, tenendo conto che le ricadute degli esuberi gravano pesantemente sulle persone e sulle famiglie.

Non spetta a me analizzare le ragioni storiche che hanno portato alla moltiplicazione di una serie di gravi vincoli, ma voglio sottolineare come si sia arrivati ad un sempre più drammatico scollamento tra la politica ed il paese reale. Innanzitutto nel nostro paese vi è un numero di leggi dieci volte superiore a quello necessario, e rispettarle da molti non è ritenuta una regola, ma spesso il virtuosismo di una minoranza. Assistiamo poi all’inefficienza e lo sperpero di denaro pubblico che si abbina ad un sistema fiscale iniquo , superato e farraginoso, motivo per cui da decenni i conti dello Stato non tornano. Altri fattori che aggravano la situazione sono l’economia sommersa, una giustizia lenta e inefficace ed un sistema forte con i deboli e debole con i forti. Le nostre carceri sono piene, ma di fronte ai più gravi scandali finanziari i responsabili rimangono spesso impuniti e non fanno nemmeno un giorno di prigione.

Lo Stato non dovrebbe dare il buon esempio e avere per primo un comportamento etico?

Un tema grandissimo è quello dei pagamenti: le amministrazioni statali e le aziende parastatali pagano i propri fornitori con tempi inaccettabili per le pmi. Lo stesso fanno normalmente i grandi committenti ignorando la Legge 192/98 che disciplina i tempi di pagamento della Subfornitura, che non devono superare i 60 giorni. Questi dati sommati ai meccanismi del sistema creditizio, ispirato alle logiche di Basilea2, rischiano di innescare un circolo vizioso e dirompente.

E’ necessario che le regole vengano rispettate e le banche ritornino a svolgere il loro ruolo di sostegno alle imprese al più presto. Un’altra iniquità è posta nel meccanismo di riscossione IVA che non tiene conto del fatto che le aziende incassano in tempi dilazionati.

Rispetto all’ingiustizia del sistema fiscale balzano all’occhio operazioni come lo scudo fiscale, nei termini in cui è stato realizzato, che, se da un lato consentono un piccolo recupero di denaro rispetto a quanto sostanzialmente sottratto al fisco, dall’altro fanno gridare vendetta a tutti coloro che hanno lavorato e pagato onestamente le tasse. Infine voglio affrontare il tema della giustizia. Ad un contesto generale dove già la lentezza ed i costi della giustizia sono un grosso problema per le aziende, specie per quelle meno strutturate, si sono aggiunte misure come la depenalizzazione del falso in bilancio che, piuttosto che ad uno stato di diritto rimandano maggiormente ad una idea di jungla ove vige solo la legge del più forte. In conclusione credo che la sfida del fare impresa oggi nel nostro paese vada ben oltre le problematiche della congiuntura per quanto pesante. Si vedono purtroppo minate alla base le condizioni fondamentali di contesto che spingono l’imprenditore a lanciarsi verso una nuova sfida.

Credo che vadano affrontati con forza e rigore i nodi strutturali da decenni irrisolti e attuate misure che diano fiato nel brevissimo all’economia.

Se ciò non avvenisse una piccola azienda, socialmente responsabile e attenta, come potrà sopravvivere nel contesto attuale?

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